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I monumenti

TORRE TALAO
    
Dal belvedere di Napoleone, dove uno scoglio ricorda la testa dell'imperatore, si può ammirare la lunga spiaggia interrotta da un imponente scoglio su cui sorge un'antica torre, Talao, oggi simbolo di Scalea. In origine lo scoglio di Torre Talao era una isola. Poi in seguito ad un fenomeno d'interramento è diventata penisola. Oggi è completamente all'asciutto.
Le grotte dello scoglio di Torre Talao furono abitate dagli uomini della preistoria 40.000 anni fa. Lo scoglio di Torre Talao vide il passaggio di Enea e di Ulisse. Nei pressi morì il compagno di Ulisse Dracone.
A ricordo dell'amico del re di Itaca sorse un oracolo. Tempo dopo l'oracolo predisse: "presso Dracone Lajo molto popolo sarà per perire". Infatti nel 389 a.C. avvenne, nella piana del Lao lo scontro tra Lucani contro Laini e Thurini. Nella battaglia,una delle più terribili dell'antichità, persero la vita oltre 10.000 uomini tra fanti e cavalieri.
Torre Talao fu costruita nel sec. XVI. Faceva parte del sistema difensivo costiero, contro le incursioni dei turchi, voluto da Carlo V. Il sistema difensivo fu suggerito a Carlo V da don Pedro di Toledo, viceré del Regno di Napoli nel 1573. Il sistema difensivo costiero comprendeva 337 torri una in vista dell'altra. Torre Talao venne costruita a carico della gente del posto. Ogni cittadino dovette contribuire all'edificazione della Torre o con una somma in denaro o con la prestazione gratuita secondo le proprie capacità.
Verso la fine del sec. XVII Torre Talao venne privata dai suoi cannoni, in precedenza sistemati per la difesa della costa.
All'inizio del nostro secolo il proprietario del tempo, Del Giudice, imbottigliò l'acqua solfurea della sorgente alla base dello scoglio di Torre Talao, e la mise in commercio con notevole successo: Negli stessi anni soggiornò più volte nella Torre, ospite del proprietario del tempo Armentano, il maestro Enrico Toselli, principessa Luisa D'Asburgo-Lorena, ex regina di Sassonia.
Testo tratto da "SCALEA a Scalìa"
Di M. Manco--G. Cupido

CASTELLO NORMANNO
     

Costruito sui resti di una rocca longobarda, fu ingrandito da Ruggiero d'Altavilla verso il 1060 e in seguito restaurato dagli Svevi, dagli Angioini e dagli Aragonesi. In esso fu firmato il "Patto di Scalea" con il quale si doveva dividere la Calabria Conquistata e da conquistare tra Roberto il Guiscardo e Ruggierosuo fratello. Verso il 1250 vi nacque Ruggiero di  Loria (o di Lauria) che poi sarà grande ammiraglio di Aragona ed in seguito del regno di Napoli conosciuto come il vincitore della guerra dei Vespri Siciliani.
Testo tratto da "SCALEA a Scalìa"
Di M. Manco--G. Cupido

CENTRO STORICO
   

Scalea è uno dei paesi più antichi dell'alto Tirreno Cosentino situato a 109 Km del capoluogo Cosenza, a 25 m sulla costa tirrenica, alla destra della foce del fiume Lao e conta circa 9000 abitanti. E' il tipico borgo medioevale costiero predisposto per la difesa dalle incursioni. In evidenza in basso (nella prima foto a destra), sono la chiesa ed il palazzo dei Principi ed in alto i ruderi del Castello normanno. Scalea è sorta durante le lotte tra Longobardi e Bizantini, per il dominio della zona, prima del sec: IX. Scalea come luogo di villeggiatura è stato scoperto dai romani verso il sec. A. Cristo. Lo documentano i numerosi ruderi delle ville romane di epoca imperiale sparsi nella piana e sulle prime alture. I romani costruirono queste ville nei posti più panoramici. Le lussuose dimore servirono loro, oltre che per la villeggiatura, anche da modello per la costruzione delle ville di Ercolano e Pompei. La magnifica zona prima era la terra degli Enotri. Dal nome del re di questa gente, Italo, o dal loro simbolo, deriva il nome Italia. Scalea, erede della greca Laos e della romana Lavinium, diventa centro importante in epoca normanna. E tale rimane anche in epoche d'influenza angioina, aragonese, spagnola e francese.
Scalea come tutti i paesi d'Italia ha il suo dialetto. Un dialetto più vicino a quello campano che non a quello calabrese. Evidentemente i contatti culturali e commerciali sono stati più frequenti con i centri costieri campani che non con i paesi della entroterra calabrese.

Testo tratto da "SCALEA a Scalìa"
Di M. Manco--G. Cupido


PALAZZO DEI PRINCIPI
                          

All'inizio del sec. XVII corsari dal mare all'improvviso attaccarono Scalea, il principe di Scalea Francesco Spinelli affrontò sulla spiaggia i turchi. Dopo aspra battaglia gli assalitori furono messi in fuga.
Da un'imbarcazione dei fuggiaschi partì un colpo di archibugio che colpì mortalmente il principe di Scalea.
Il principe morì sulla spiaggia tra la commozione dei sudditi. Gli Spinelli erano feudatari di Scalea dal 1526. In quell'anno Ferrante Spinelli, duca di Castrovillari, aveva sposato in seconde nozze Isabella Caracciolo, erede del feudo di Scalea. Ferrante Spinelli in prime nozze aveva sposato Diana Acquavìva d'Aragona. Dal matrimonio nacque Giovanni Battista che ereditato il feudo di Castrovillari sposò Isabella figlia del viceré don Pedro di Toledo. Dal matrimonio di Ferrante Spinelli con Isabella Caracciolo nacque Troiano che prese il titolo di principe di Scalea nel 1566. Il secondo principe di Scalea fu Ferdinando. Sotto il loro governo furono portati a termine i lavori di ampliamento della loro dimora, già dei Romano e del duca Sanseverino, che prese l'aspetto attuale ed il nome Palazzo dei Principi. Il palazzo rimase di proprietà della famiglia Spinelli fin dopo la fine della feudalità. Poi il palazzo fu venduto dagli eredi Spinelli agli attuali proprietari. Prima degli Spinelli il feudo di Scalea appartenne a partire dal sec. XIV alle famiglie Sanseverino, Caracciolo, Pascale, Milano, Sanseverino conte di Capaccio. Nel 1451 Francesco Sanseverino fu sottoposto a giudizio da parte del Re. Si era opposto all'ordine di reclutare uomini per l'esercito regio nel feudo di Scalea. Processato fu condannato. Morì subito dopo.
Le terre di Scalea furono confermate alla sua vedova.
Nel 1496 il feudatario di Scalea Guglielmo Sanseverino, conte di Capaccio, perse il feudo per ribellione al rè Federico d'Ara-gona. Il conte, tempo prima, aveva preso parte alla fallita congiura dei baroni contro il rè. Nel 1546 Isabella Caracciolo chiese alla corte l'autorizzazione di spedire dal suo feudo di Scalea a Napoli, 500 tomoli di grano, 500 di orzo, 50 di miglio e 20 botti di vino.
Nel 1574 il principe di Scalea acquistò "le seconde cause" per 5 ducati "a fuoco",
Nel 1586 il "Tavolano" di Scalea, Mercurio Manco denunziò che i suoi concittadini erano ammalati "con mal colorito in faccia",
Nel 1587 erano attivi a Scalea 3 dottori in legge, 2 medici, 3 notai, 3 giudici, 1 speziale e 1 uomo d'armi. Secondo alcuni documenti dell'epoca tutti gli altri, 1.000 abitanti circa, vivevano in questi anni, delle loro varie attività per cui non si registrava alcun povero.
Alla fine del sec. XVIII il figlio del Principe di Scalea doveva sposare la figlia del marchese Serra alla cui mano aspirava anche il Principe di Cariati. Questi tramò più del lecito per eliminare il rivale. La Corte di Vienna promosse un'inchiesta. Il Principe di Cariati e la marchesa Serra furono riconosciuti colpevoli di aver tentato l'uccisione, con il veleno, del Principe di Scalea.
Nello stesso periodo gli abitanti di Scalea chiesero al feudatario l'abolizione delle tasse sull'ancoraggio, il falancaggio, sul pescato, sulle carnimacellate e sulla raccolta dei frutti della terra.
TORRE DI GIUDA
   
Scalea da Nord è guadata dalla torre di guardia del castello, conosciuta come Torre di Giuda. All'inizio del sec. XVII il guardiano della torre di guardia non avvertì il castello della presenza dei corsari. I corsari attaccarono Scalea, che colta impreparata fu presa. Scalea, dopo aver subito il saccheggio riuscì, dopo aspra lotta, a respingere i saraceni. Dopo la battaglia il guardiano traditore , cercato e preso, fu impiccato ad un albero. Da allora la torre di guardia del castello fu detta Torre di Giuda. Questa  però è la versione popolare. Gli storici danno altre spiegazioni sul nome della Torre. Alcuni sostengono che la torre fu detta di Giuda perché era vicino al  ghetto degli Ebrei. Infatti nei secoli scorsi le poche case che sorgevano all'inizio della piana della petrosa,  poco più in alto della torre, furono adibite ad olivi. Poi alla fine del secolo scorso, furono distrutte per far posto alla costruzione dell'attuale Faro. Le torri di guardia all'epoca, venivano erette per motivi di difesa. Dovevano ovviamente, rispondere a particolari esigenze. Dalla Torre doveva essere, cioè, facile l'avvistamento e la comunicazione con il Castello. Anche la Torre di Giuda possedeva questi requisiti. Infatti dalla Torre si dominava la baia. Inoltre dal Castello si sentiva distintamente la voce di chi parlava vicino ad un muro della Torre. E dalla Torre si sentiva la voce di chi parlava dalla torre d'angolo nord del Castello.
Testo tratto da "SCALEA a Scalìa"
Di M. Manco--G. Cupido
TORRE CIMALONGA
   
Il lato sud del centro storico è caratterizzato dalla mole della Torre di Guardia aragonese, conosciuta come torre Cimalonga. La torre fu costruita nel XV sec. Per migliorare il sistema difensivo del paese. E' a pianta circolare  ed era a guardia di una delle 4 porte d'entrata a Scalea. La torre ospitava le guardie e due cannoni per la difesa ed il controllo della porta Cimalonga. Nei secoli scorsi per varcare le porte si pagava il "passo". Una tassa , imposta dal feudatario, per il passaggio delle persone, animali o cose. Poi Torre Cimalonga è stata utilizzata per altri usi. Negli ultimi anni ha ospitato anche le carceri mandamentali. All'interno di Scalea si passava anche per altre porte. La porta Marina, Ponte e Castello o del Forte. La porta Marina e quella di Cimalonga erano quelle più frequentate. La porta Ponte era riservata al passaggio del feudatario e della gente di riguardo. Dalla porta del castello passavano il Principe, i suoi familiari e le persone al suo servizio. All'interno di porta Marina, sul muro in alto, sono visibili ancora tracce di affreschi. Era il posto dove il nuovo feudatario faceva dipingere il suo stemma. E così quello del nuovo feudatario copriva il vecchio stemma del suo predecessore.
L'abate Pacicchelli erudito giramondo e scrittore nella sua visita a Scalea annotò di aver visto, tra l'altro, la "taverna", e la chiusura a sera delle porte di accesso al paese. Le porte, inoltre,  venivano chiuse di giorno solo in caso di pericolo.
La "taverna"era un locale di vendita. In quegli anni a nessuno del posto o forestiero era permesso esercitare il commercio di generi alimentari senza il permesso del feudatario. La popolazione era costretta a comperare i generi di prima necessità presso il tavernaro. Questi era il gestore della taverna di proprietà del barone. Oggi delle caratteristiche delle 4 porte si conservano quelle di porta Marina e, parzialmente, delle porte del Castello e di Cimalonga. Nei muri di difesa vicino alle porte, inoltre, si notano le feritoie attraverso cui si sparava con i cannoni.
Testo tratto da "SCALEA a Scalìa"
Di M. Manco--G. Cupido
RUDERI DEL CONVENTO DI SAN FRANCESCO


sempre nel centro storico, della chiesetta dello “Spedale”, costruzione basiliana del IX secolo, all’epoca ostello di pellegrini che andavano alle crociate.
CHIESETTA DI SAN CATALDOfoto
La vita, a Scalea, un tempo si svolgeva in questi luoghi, protetta dalle torri di guardia a difesa delle invasioni nemiche; ma col passar del tempo, il centro vitale
della cittadina si è spostato sulla costa; la nuova Scalea ha tre chiese: il Santuario della Madonna del Lauro, la chiesa di San Giuseppe Lavoratore e la chiesa
della SS. Trinità, costruite man mano che il centro urbano si è allargato dando vita a nuovi quartieri.
BUSTO DI GREGORIO CALOPRESE

                 

Il busto bronzeo di Gregorio Caloprese (1654-1715) è “ritornato” (restaurato) sul blocco in granito, tra le piante dei giardinetti della piazza intitolata al nostro illustre Concittadino. L’opera, scolpita dall’artista Mussuti, circa un secolo addietro, fu ordinata da un apposito Comitato cittadino, presieduto dallo storico prof. Attilio Pepe, per ereggere il monumento al filosofo cartesiano precettore di Pietro Metastasio e del principe di Scalea Francesco Maria Spinelli. Già circa dieci anni fa il busto bronzeo presentava evidenti segni di corrosione, tant’è che, negli ultimi tempi, esso era ridotto, come più volte scritto, ad un “colabrodo”. In occasione del convegno letterario e filosofico su Gregorio Caloprese, tenuto e organizzato il 27 aprile 1991 dal Centro Studi e Ricerche “Attilio Pepe”, chi scrive lanciò un accorato appello, quale direttore di detta associazione, per fare restaurare il malandato busto bronzeo. Circa dieci anni fa, fu redatto un preventivo di spesa per il restauro da parte di un noto scultore di Napoli, ma l’iniziativa morì sul nascere per la completa antipatia di qualcuno nei confronti del nostro illustre personaggio.


Materiale prelevato dal sito citywalk.it

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